
Diventare cacciatori di storie in 5 step
Molti di noi stentano a scrivere un blog perché pensano di non avere qualcosa di veramente interessante da raccontare. Altri si rassegnano a una compilazione anonima del cv perché non ritengono di avere una storia degna di poter essere definita una “bio”. Anche alcune aziende, soprattutto in fase di start up, finiscono per raccontarsi in tre o quattro righe per passare rapidamente ai servizi che offrono.
Non c’è nulla di più sbagliato che credere di non avere storie da raccontare. Come abbiamo già visto, si tratta di trovare il punto di vista giusto e lo stile narrativo che ci rende riconoscibili. Se però fate fatica a “rintracciare” le storie (compresa la vostra biografia o la pagina di LinkedIn), il primo passo da compiere è diventare story hunter: cacciatori di storie.
Il cacciatore di storie “vede” le storie, le intercetta, le osserva a lungo e le cataloga se le trova buone, perché sa che potranno tornare utili in un secondo momento, magari per un altro progetto. Lo storyhunter trova le sue storie ovunque e nelle forme più varie: da una foto a un video, fino all’etichetta apposta su un prodotto. Non è un mago, è una persona che si è esercitata in questo senso, finché questo modo di vedere non è diventato un modo di vivere e, di conseguenza un automatismo.
Step numero 1: camminate!
Uno storyhunter cammina molto, soprattutto a piedi, non solo perché camminare è un’attività che aiuta la riflessione, ma perché le storie si incontrano. I cacciatori di storie vanno sempre in giro con una penna e un taccuino, a tal punto che finiscono per tornare indietro se non ce l’hanno con sé. Io ho un bullet journal ma in passato adoravo i Moleskine, che porto sempre in borsa insieme a una tratto pen nera, la sola penna che mi da pari soddisfazione quando scrivo e quando faccio uno schizzo.
Molti sono legati alla vecchia immagine del giornalista che va in giro con il taccuino, ma io ho incontrato persone abituate a prendere appunti pur facendo ben altro lavoro. Influencers, blogger, esperti di gastronomia, designer, web developer, ristoratori: tutti a loro modo erano degli storyteller e tutti avevano in comune l’abitudine di scrivere “strada facendo”.
Step numero 2: dotatevi di penna e taccuino
Il primo consiglio, quindi, per trovare le storie e imparare a raccontarle, è quello di uscire con un taccuino molto più spesso di quanto siamo abituati a fare. Questo è il primo modo per essere curiosi, ma ce n’è un secondo che consiste nel fare domande. Le storie appartengono alle persone o, meglio, le persone sono storie, per questo è molto importante tornare ad ascoltare la gente che incontriamo. Parlare con persone molto diverse da me, avventori o compagni di viaggio mi ha regalato alcune delle storie più belle che io abbia mai ascoltato e in alcuni casi sono stati degli spunti magnifici per dei progetti.
Step numero 3: non fidatevi (solo) dell’ispirazione!
Tante persone hanno una grande capacità di osservazione e sono molto brave a scovare dettagli, opportunità e collegamenti, ma poi all’atto di scrivere sono assalite dal panico. Questo accade perché facciamo troppo affidamento all’ispirazione, crediamo cioè che basti “aver notato” una scritta o un gioco di colori perché tutto questo ci ispiri all’occorrenza, ripresentandosi in forma di idee o di testi da buttare giù di getto. Purtroppo, però, viviamo in un’epoca satura di stimoli, quindi io vi invito ad archiviare le vostre ispirazioni e a selezionarle con cura all’interno di almeno un archivio.
Step numero 4: archiviate
Io ho due archivi, uno digitale, l’altro cartaceo. Nel primo raccolgo le note del cellulare, le foto e i video che non dovrò utilizzare come contenuti ma solo come documentazione. Si tratta di un file excel nel quale trascrivo i siti internet o i profili che mi interessa tenere d’occhio per i miei prossimi progetti o che hanno uno stile narrativo coinvolgente. Nel mio archivio digitale ci sono anche documenti, pdf, scansioni, quotes estrapolate dalle mie letture su Kindle o Readly e tante registrazioni vocali. I file audio sono preziosissimi non solo per fare interviste ma soprattutto per registrare voi stessi quando avete in mente qualcosa di interessante ma non avete l’opportunità di prendere nota.
Il secondo archivio è una scatola e all’interno vi sono stralci di riviste, cataloghi che mi piacciono, etichette, ritagli di pagine che mostrano un determinato carattere tipografico. Ma ci sono anche illustrazioni, adesivi, ma posso esserci anche scampoli minuscoli di tessuti e tutto ciò che di “materico” mi racconta una storia.
Step numero 5: fate delle liste
Comprate anche un quaderno ad ad anelli e prendete l’abitudine di fare delle liste: dei libri che vi ispirano, dei film che vi danno sempre delle emozioni o che vi piacciono per la sceneggiatura o la fotografia. A me piace scrivere anche le parole che vorrei utilizzare più spesso o quelle di una lingua nuova che riassumono bene un concetto. Se l’argomento vi interessa, potete cercare in libreria o sul vostro Kindle dei titoli dedicati all’arte delle liste. Non si tratta di diventare degli esperti, ma di fissare in maniera sintetica ed efficace (oltre che facile da rileggere) degli input che altrimenti finireste per perdere.
Catalogare ed archiviare è parte della memorizzazione. Quando devo scrivere o lavorare a un progetto, infatti, il più delle volte mi capita di pensare immediatamente a quel determinato appunto, voce della lista o ritaglio che ho messo via. Se si tratta di un nuovo progetto che mi coglie all’improvviso, invece, mi piace aprire il mio archivio digitale o di sedermi davanti alla mia scatola, passandone semplicemente in rassegna il materiale.
Iniziate fin da oggi a fare il vostro archivio e vedrete che non potrete più fare a meno di implementarlo.
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